Carrozzeria Fissore: costruttore “fai da te”
La storia dei carrozzieri - Pubblicato il 04 Febbraio 2021 - 16:35
Dal numero di settembre-ottobre di Sicilia Motori – Anno IX, n.8-9 (133 e 134)
Di Francesco Ragusa – Riproduzione riservata
Un’altra carrozzeria piemontese, per l’esattezza di Savigliano (nel Cuneese), alla ribalta, per arricchire la storia della carrozzeria Italiana. Ancora una volta a carattere prettamente familiare, fu infatti fondata da quattro fratelli. Bernardo, il vero capostipite, Antonio, Costanzo e Giovanni Fissore. Tutto questo nel lontano 1920.
La storia della questa carrozzeria Fissore non è molto dissimile da quella di molte carrozzerie italiane. Gli inizi sono collegati con le riparazioni e le modifiche di veicoli. Senza creatività. Una rigida organizzazione e conduzione interna, dettata da Bernardo, si rivelò ottima e produttiva, ma i veri risultati cominciarono ad arrivare negli anni ’50.
Fissore: le collaborazioni esterne
Interessanti furono in quegli anni le collaborazioni esterne, iniziate dall’onnipresente Mario Revelli de Beaumont. Esso progettò nel 1947 su un autotelaio Fiat 1100 L, la cosiddetta «carrozzeria Funzionale». Una sorta di teorema sull’arte carrozzeria applicata. Adeguata alle particolari condizioni dei trasporti del dopoguerra. Un veicolo che offrisse l’opportunità di impieghi diversi. Questa carrozzeria tipo giardinetta con scocca lignea e lastrata interamente in lamiera, fu presentata al 31 ° Salone di Torino nel 1948.
L’organico di tecnici coadiuvati da Eraldo Fissore e diretto da Mario Fissore (ambedue figli di Bernardo), vide anche l’intervento di Giovanni Michelotti. Il quale ebbe una qualche parte nel successo di pubblico che ottenne una realizzazione del 1953, la Fiat 1100 TV coupé, che pur non essendo una… silhouette, piacque molto, perché contava sul tocco di lusso (un… accessorio poco in voga allora sulle piccole e medie cilindrate!) che le finiture (volante, pomelli, maniglie etc.) e i montaggi molto accurati le assicuravano.
Tutto autocostruito
Merito di altri bravi artigiani? No! Tutto alla Fissore era autocostruito. Quasi una «reminiscenza autarchica. La ditta produceva in proprio tutti i componenti della carrozzeria, dai paraurti alle maniglie, ai deflettori. Passando per le guarnizioni metalliche alle cornici dei fari. Infine anche le coppe copriruota. Perfino gli interni e la tappezzeria avevano un loro reparto!
Questa caratteristica differenziò non poco la Fissore da tutte le altre carrozzerie. Del tempo e non, costrette invece a rifornirsi di accessori presso altre aziende, subendone a volte anche i… capricci. In questa particolare politica aziendale i Fissore furono maestri e anche innovatori. Con una costante attenzione verso le novità tecnologiche e con un impegno anche rivolto alla migliore formazione degli operai.
I quali, spesso, venivano inviati all’estero per aggiornamenti. Tant’è che furono spediti molto saggiamente e con grande anticipo sui tempi perfino in … Giappone! Ma gli investimenti furono rivolti anche altrove.
Smacchiolina, Lustrino, Guttalin. No, non sono ricordi d’infanzia di simpatici personaggi per bambini. Né i Fissore si dedicarono mai ai fumetti. Semplicemente si tratta dei nomi di alcune Aziende per cui Fissore, seguendo il filone allora abbastanza applicato, produsse alcuni veicoli pubblicitari. Riuscitissimi, tanto addirittura da farli indicare dal famoso giornalista Giovanni Canestrini (uno dei padri della Mille Miglia) come «capolavori dell’arte carrozzeria». Tutto ciò avveniva al 40° Salone di Torino.
Fissore: la produzione di veicoli speciali e fuoriserie
Negli anni fino al 1958 si consolida anche la produzione di veicoli speciali e fuoriserie su telai Fiat (1100, 1100 TV, 600, 600 Multipla). Su quest’ultimo telaio è famosa la trasformazione denominata «Sabrina» del 61. Una delle prime familiari su telai così economici. Proprio gli inizi degli anni 60 rappresentarono per la Fissore il passo verso una produzione decisamente più industriale. Nel 1960 infatti la carrozzeria spagnola I’auto concluse un accordo con i Fissore per la realizzazione di una vettura su telaio Auto Union DKW. Di cui deteneva la licenza di produzione per la Spagna.
La carrozzeria straniera si era interessata alla Fissore fin dal 41 ° Salone di Torino dell’anno precedente. Dove l’azienda Saviglianese aveva presentato alcuni coupé e cabriolet derivati dalla DKW 1000 e denominati 1000 SP. Montavano il motore 3 cilindri a due tempi di 980 cc. Ne venne prodotta anche una versione con passo allungato per il mercato argentino.
Grande successo nel mercato sudamericano
Queste versioni ebbero un grande successo su quei mercati. Univano alla collaudata semplicità meccanica e ai modesti costi di esercizio, una linea, che nulla aveva a che fare con i pesanti canoni stilistici teutonici. Una linea snella e per allora abbastanza slanciata. Addirittura tendente a qualche concessione “americaneggiante” (vedi le pinne posteriori e la presa d’aria sul cofano, successivamente ridotta). La Fissore, nell’ambito della collaborazione, fornì i tecnici progettisti, i modellisti e i battilastra direttamente sul luogo di produzione, in Spagna. Arrivando in breve alla realizzazione del prototipo in lamiera. Battezzato F 1000 L, fu presentato nel 1963, creando un notevole interesse anche oltreoceano. Dove maturarono per la Fissore importanti iniziative commerciali.
In Argentina la F ACE (Fabbrica Argentina de Carrocerias Especiales) di Santa Fé costruì su licenza questi modelli. Contemporaneamente la VEMAG (Veiculos E Maquinas Agricolas) di Sào Paulo in Brasile propose alla Fissore di predisporre un progetto di berlina DKW 1000. Questo modello (somiglia vagamente alla Lancia Fulvia) realizzato e progettato dalla Fissore perfino per il macchinario necessario alla costruzione (un progetto globale di industriai design: una rarità in Italia a quei tempi!) venne commercializzato dal ’63 al ’67.
La “diversa” esperienza brasiliana
L’esperienza brasiliana fu notevole sotto diversi aspetti. Coinvolgendo tutti nel pianificare la produzione in serie e nell’istruire il personale locale. Consentendo anche di intrecciare utili rapporti con la stampa (moltissimi furono gli articoli sulla rivista Quatro Rodas, gemella della nostra Quattroruote). Addirittura con il mondo accademico universitario. La facoltà di ingegneria della capitale brasiliana fece tenere una serie di conferenze di grande prestigio sull’Italian Style a Bernardo Fissare. «Nemo propheta in Patria»? Per i Fissore non sarà così. Vedremo perché nel prossimo capitolo.
Fissore: gli anni dei prototipi
Nei primissimi anni ’60 la Fissore sembrava destinata a valicare definitivamente i confini italiani per gli allora “ricchi paradisi” dell’Argentina e del Brasile; fortunatamente ciò non avvenne. Complessi movimenti societari tra la Auto Union, la Vemag e la DKW (tutte assorbite nel 1965 dalla Volkswagen), fecero cessare la produzione anche della consociata brasiliana e il contratto che legava Fissare e Vemag fu sciolto anzitempo.
L’esperienza non era stata, però, inutile e fece raggiungere alla Fissare una dimensione industriale quasi ottimale, in cui la costruzione di fuoriserie rappresentava ancora espressione delle capacità della Carrozzeria treviglianese. Le vetture derivate dalla Fiat 1500 e 1600 S furono le prime carrozzate anche dalla mano della signorilità discreta, con la quale i Fissare attirarono definitivamente l’attenzione e la stima del pubblico.
Telaio “tipo” 118
Il telaio tipo 118 fece da base a queste vetture: in particolare la 1500, progettata alla fine degli anni ’50, era più convenzionale e somigliava vagamente alle DKW; la 1600, che aveva una meccanica di derivazione Osca, fu molto più rivoluzionaria: una snella carrozzeria coupè, caratterizzata da un inedito lunotto posteriore, diviso in due parti e molto luminoso (particolare a cui si ispirò successivamente la Chevrolet Corvette “Sting Ray” del 1963), che ebbe un significativo successo al Salone di Torino, ma la cui produzione come vedremo non raggiungerà numeri elevati.
La collaborazione con i Maserati
Quasi nello stesso tempo, su sollecitazione e interessamento di un privato, Gruppioni, i Fissore costruivano direttamente per i fratelli Maserati, allora proprietari del marchio Osca, sul telaio tubolare derivato dalle barchette sport, una piccolissima serie (solo tre) di spider 1600 GT e una serie di coupè (sempre su telaio tubolare).
La rarità (addirittura di spider ne é rimasta solo una, per fortuna ancora in Italia), il blasone sportivo del marchio, la potente motorizzazione bialbero da 140 cavalli, ne fecero e ne fanno ancora oggi una validissima alternativa alla più diffusa (circa 100 esemplari) Osca Zagato, caratterizzata da una più accentuata impostazione sportiva e quindi più “povera” a livello di finiture, ed alla rarissima versione Boneschi.
Il “lifting” alla 1600 S
L’elevato costo produttivo (ricordiamo che i Fissare si facevano tutto in casa) e l’abbandono nel 1963 da parte dei fratelli Maserati della Osca, interruppe questa significativa esperienza. Nel 1964 la Carrozzeria Fissore sottopose la Fiat 1600 S ad una operazione di “lifting” in corrispondenza soprattutto del frontale, che acquisiva una nuova griglia, quattro fari che la facevano somigliare moltissimo alla 1600 S di serie, ed il gruppo posteriore della fanaleria unico, anzichè sdoppiato. Manteneva la soluzione del lunotto con il montante centrale con funzione di irrigidimento, ma venne anche tentata una versione spider: ma anche questa seconda versione ebbe brevissima durata, cancellata commercialmente dalla versione di serie. Furono anni difficili, in cui le capacità semindustriali della Fissore lottavano con le tipologie delle commesse e la sorte, che era, a volte, avversa. A partire dal 1964 la Fissare iniziò a produrre esemplari unici, prototipi o piccolissime serie di vetture sportive per prestigiose marche.
Fissore: l’intesa con De Tomaso
Infatti, sempre nel ’64, decollò una interessante intesa con Alejandro De Tomaso. La collaborazione portò alla produzione in piccola serie di una granturismo all’avanguardia. Si trattava di una 1500 GT. Essa era caratterizzata dalla inedita soluzione del telaio, formato da una trave centrale a sezione circolare (soluzione tecnica di grande rigidità torsionale, ripresa da tante auto sportive). Si trattava della famosa “Vallelunga“, motorizzata da un Ford 1499 cc. Ma anche questa volta le vetture effettivamente costruite da Fissore furono solo cinque.
Un’altra decina di esemplari di una prevista prima serie non furono realizzati per divergenze con De Tomaso che, divenuto proprietario della Carrozzeria Ghia, affidò ovviamente a quest’ultima la restante produzione. La linea sportiva della vettura caratterizzata da un aspetto molto “corsaiolo”, era sottolineata dal disegno della presa d’aria anteriore e dalla sezione posteriore della carrozzeria che ruotava per intero all’indietro (come sulle sport prototipo) mettendo a nudo motore, cambio e sospensioni. Con la V allelunga iniziò anche la collaborazione tra Mario Fissore e un designer francese, Trevor Fiore.
La Elva GT160S
Questo binomio produsse anche un’interessante vettura sportiva, la Elva GT 160 S, presentata nel 1964. Carrozzata su un telaio del modello Sport Mark 7 S era bassa e slanciata, ma aveva una sagoma spigolosa e marcata, con i fari a scomparsa, passaruota molto aderenti, un musetto appuntito e la coda tronca con un accenno di spoiler. L’aspetto corsaiolo era derivato oltre che dalla sezione di coda apribile come nella Vallelunga anche da grosse prese d’aria regolabili, applicate sulle fiancate per la ventilazione del motore. Quest’ultimo era in questo caso un 2000 BMW, montato centrale, a suggellare anche in questa versione stradale un sodalizio che ha dato i suoi frutti nel Campionato Europeo della Montagna (ricordate la bianca Elva-Bmw di Herbert Muller?).
Ma ancora una volta, nonostante il successo di critica del prototipo, la Elva Cars, famosa anche per i modelli Courier, dopo aver prodotto 14 esemplari della ElvaBmw 160 S, decise di cessare la produzione. Ancora anglosassone la successiva fase della vita aziendale di Fissore: nel 1965 iniziò una intesa e, anche questa volta breve, collaborazione con la casa inglese TVR di Blackpocl. Non ebbe infatti molta fortuna la realizzazione di alcuni prototipi per la versione “top” di gamma: la Trident con motore Ford VS di 4200 o 4700 CC., che fu presentata al Salone di Ginevra di quell’anno. Questa bella macchina, di gusto tipicamente italiano, e che ricorda un’altra italoinglese, la Triumph Italia 2000 di Michelotti, segnò per Fissare l’abbandono delle abituali linee tondeggianti e fu segnalata dalla stampa specializzata come “uno dei capolavori presenti alla rassegna elvetica”.
La Trident
Un breve, insignificante, prosieguo si ebbe quando la Trident, divenuta essa stessa marca, per iniziativa di Bill Last, commissionò nel ’66 un prototipo di spider, sul telaio Trident, di cui fu realizzato il solo manichino. Proprio al Salone di Ginevra ci saranno le premesse per l’ultima grande fatica produttiva dei Fissore (almeno con le auto sportive). Dal 1968 inizia infatti la collaborazione con Peter Monteverdi, ex pilota di F. 2 e F.3; un capitolo importante per la sua storia. Il costruttore svizzero commissionò alla Fissare diverse vetture, a cominciare dalla High Speed 375 L 2+2 del 1969, dotata del motore Chrysler 8V di 7206 cc. e 380 cavalli, e di finiture molto lussuose per una clientela d’elite (soprattutto svizzera e americana). Ne furono costruiti circa 60-80 esemplari all’anno.
Nel 1970 Fissare fece conoscere il costruttore Monteverdi soprattutto per una splendida berlinetta, disegnata in collaborazione con Trevor Fiore, denominata · Hay 450 SS, le cui caratteristiche spiccatamente sportive impressionarono al Salone di Ginevra. Si trattava di una vettura molto compatta a motore posteria re centrale, sempre Chrysler 8 di 697 4 cc. con potenza di 450 cavalli. Pesava 1450 kg. ma toccava i 290 chilometri orari. La linea, che in alcuni punti ricordava la Elva-Bmw, somiglia anche moltissimo all’Alpine A 310. In questo caso furono realizzati pochissimi esemplari. Forse solo otto.
Produzione fino al 1972
La produzione delle granturismo Monteverdi continuò fino al 1972, anche se la collaborazione con il costruttore svizzero proseguì fino al 1982, ma con vetture di tutt’altro genere. Di quegli anni sono da ricordare la lussuosissima limousine 375/4 e la cabriolet 375/C con un elevatissimo standard qualitativo, che addirittura prevedeva di serie set di valigie realizzate con la stessa pelle dei sedili.
Nel 1983, Monteverdi, dopo una parentesi dedicata alle vetture fuoristrada, chiuse la sua attività. Nel 1984, nonostante il successo delle vendite di una piccola fuoristrada su base Fiat (la 127 “Gipsy” poi denominata “Scout”) e di altre interessanti iniziative nel settore dei veicoli speciali, la Fissore, travolta da sconvolgimenti e posizioni contrastanti tra familiari, fu messa in liquidazione. Si infranse così. Poco prima della ripresa dell’industria automobilistica degli anni successivi, il sogno di una carrozzeria che era diventata casa costruttrice.