La storia di Zagato: un carrozziere rivoluzionario

Zagato: lo speciale nella nostra rubrica “La Storia dei Carrozzieri”

da Sicilia Motori. Anno XIII, n°2 (151), febbraio 1994

di Francesco Ragusa – Riproduzione riservata

Se perfino “Playboy”, una delle più conosciu­te riviste internazionali su carta patinata, ha de­dicato nel 1964 un am­pio articolo a Zagato, unico tra i carrozzieri (anche se la rivista americana si occupa prevalente­mente di un altro tipo di… carrozze­rie!), definendolo un geniale crea­tore di alta moda, un motivo ci deve pur essere. E non sarà stato certo il fatto che Zagato rifiutò di fare il… prete! (categoria che di cer­to non legge la rivista america­na). Ad interessare l’editore Hef­ner, peraltro proprietario di alcune Zagato, fu il romanzo della sua vita. Fino al trionfo de­cretatogli dalla platea interna­zionale.

Gli americani entusiasti lo chiamarono “il rivoluzionario dello suprema sartoria dell’auto”. Cosi come furono rivoluzionarie le “super maggiorate” di moda in quel tempo (mi si perdoni il pa­ragone). In effetti la Zagato con­divise le “luci della ribalta” con i miti dell’automobilismo, nostra­no e non.

La vita dell’azienda creata da Ugo ho uno delle storie più in­teressanti. Formatosi come dise­gnatore presso lo carrozzeria “Va­resino”, Zagato viene subito ap­prezzato per la sua serietà. Ben presto si trasferisce a Torino, pres­so la Costruzioni Aeronautiche Pomilio, a dirigere una squadra che costruirà aerei, i primi eroici biplani.

Gli Ansaldo ClD. Sarò la suA fortuna. Con i grossi guada­gni realizzati potrà mettersi in proprio. Gli aerei, mezzi mecca­nici con tralicci leggeri, abituaro­no Zagato alla costruzione delle sue strepitose auto. Nei primi mesi del 1911, Zagato iniziò la sua at­tività, creando già la sua prima auto con criteri aeronautici. Si trattò di una Fiat 501 carrozzato sport in legno e alluminio, deno­minata opportunamente “CarlingaP,’. Nel 1925 il primo grandissimo capolavoro: su una base Alfa Romeo 6C 1500, Zaga­to crea lo versione da corsa che vince per ben quattro volte lo Mille Mi­glia. Da questo capostipite na­sceranno le indimenticabili 6C 1750 di alto livello qualitativo, co­struite in serie dal 929 al ’32 nelle versioni turismo, sport o gran tu­rismo, super sport o gran sport. Ne vennero prodotte ben 2579 al notevole ritmo di due al giorno. Con queste macchine, l’Alfa si im­pone come regina nelle grondi cor­se italiane. Prima Compari e poi Nuvolari le renderanno leggen­darie (Nivola fu il primo a supe­rare nella Mille Miglia la media di 100 Km/h). Anni ruggenti che consacrano Zagato.

Zagato e la pubblicità murale

Non solo come carrozziere, ma anche come imprenditore. Per il lancio della 1750, Zagato “invento” la pub­blicità murale. Migliaia di mani­festi tappezzano le strade delle città più importanti. Nel ’32, in ltalia, successe un fatto piuttosto insolito. Zagato, nella continua ricerca del­la leggerezza e dell’aerodinami­ca, fa di queste vetture un veloce “laboratorio”. Inclinò il para­brezza, studiò il portabagagli bombato e riuscì a rendere aerodi­namici persino i fari, coprendoli con una semisferad’allumino o di plastica rosso. Nella trasformazione li resee addirit­tura girevoli, orientabili. Adottò per primo anche i tamburi forati per consentire un rapido raffred­damento dei freni. Queste crea­zioni di Zagato furono “ossi duri” per tutti.

Ma con la versione sport, nel cui uso quotidiano si distin­gueva ancora la grinta (e non solo per il rosso corsa dello verni­ce), la Zagato entra nella storia, contribuendo allo leggenda delle cose automobilistiche italiane. Perfino la concorrenza andavo da Zagato! Pensate che Battista “Pi­nin” Farina acquistò undici rossa 1750 di Zagato, definendola lo più bella automobile mai co­struita! In quegli anni, Zagato con­tinuò la collaborazione con l’Alfa Romeo, carrozzando i successivi modelli 8C 2300, primo in ver­sione spider posso corto, poi iI pas­so lungo, ed il tipo “Mon­za” del ’32. Nell’elenco rientra anche il tipo “Le Mons” a 4 posti. Al Solone dell’Automobi­le di Milano del ’34, Zagato sor­prende presentando un’Alfa 2300 berlina con struttura del telaio e dello carrozzeria integrata inte­ramente metallica.

ZAGATo

La Ferrari 250 GTZ

La 6C con carrozzeria “Siluro”

Una soluzione all’avanguardia su tutti. Nello stesso anno rea­lizza una 6C con carrozzeria “Silu­ro”. Entrambe le vetture ottenne­ro un certo successo tra la clien­tela sportiva, ma le difficoltà dì darsi una dimensione veramente industriale un allontanamento dell’Alfa. La quale non gli commissionò alcuna del­le versioni 2300 8 e 2500 S (che verran­no carrozzate da Touringe Pininfarina. Nel ’36 Zagato si avvicina ad una nuovo marca, la Lancia, per la qua­le progettò, assieme a Fabio Luigi Rapi e su telaio “Aprilia”, un coupè aerodinamico esasperatamente filante, a goccia. Segue nel ’37 una barchetta che ne riprende la linea, ma ri­sulta più armoniosa e leggera. Questa vettura vincerà con Gigi Villoresi lA Mille Miglia nella suo categoria. Si alternarono in que­gli anni vetture molto prestigiose ed eleganti su telai Alfa e vetture esasperatamente corsaiole, come alcune Fiat 1100. E non bisogna dimenticare che il 1937 è anche l’anno della Topolino, che venne realizzata da Zagato sia in ver­sione 500 cabriolet, sia spider e barchetta Mille Miglia. Nel 1938 moltissimi concorrenti partirono nella Mille Miglia con vetture Za­gato. Sono ben 38 nelle varie clas­si.

La riduzione della produzione e la guerra

Ma immediatamente dopo, ne­gli anni più vicini allo guerra, lo Zagoto riduce la produzione automobilistica, concentrandosi nella costruzione di camion per conto dello Isotta Froschini. Dopo il conflitto, durante il quale lo fa­bbrica era stata completamente di­strutta, la ripresa è legata soprat­tutto al figlio Elio. Quest’ultimo, grazie alla sua tempra sportiva, darà nuovo im­pulso allo costruzione di vetture sportive, divenendo egli stesso pi­lota, promotore delle costruzioni corsaiole dello Zagoto. Tutto ini­ziò do una piccola commessa. Il geniale costruttore di vetture da corsa Giorgio Giusti, che aveva realizzato una vetturetta sporti­va, con meccanica 750 denomi­nato “Testadoro” (peri il colore del­la fusione) ed il cui nome era “An­dreina”, volle fare carrozzare al suo amico Elio il modello succes­sivo, che si sarebbe chiamato ”Daniela“. Si trattava di una pic­cola sport, con struttura a siluro e ruote scoperte. Molto semplice ma veloce. Per la verità Elio corse, sì, ma non con la Giustiò, bensì con una 750 Sport derivata da un… furgone Topolino B. Il quale era usato e regalato dal padre.

La rinascita della Zagato sotto il figlio Elio

La sua pri­mo gora fu al circuito di Piacenza. Andò male o causa delle gomme. Successivamente, nel ’49, con una 750 sport “Mari­nella” Testodoro, Elio corse la Coppo delle Dolomiti e vinse la suo classe al Giro di Sicilia, assie­me a Gastone Puma. E non fu che l’inizio. Le sue vittorie accompa­gnarono il rilancio della Zagato, la quale tornerà alla ribalta dell’auto­mobilismo sportivo. Lo sua pre­senza sarà fondamentale. Il desi­derio di leggerezza di Zagato ar­riva al punto di volere progettare un’auto quasi tutta di vetro. Non potendola ovviamente realizza­re, ne costruì una che, utilizzan­do il nuovo plexiglass, la sem­brava. Si trattò delle berlinette “Panoramiche” e dalla inconfon­dibile linea a “Saponetta“.

In que­sti progetti si trova uno straordi­naria sensibilità plastica ed una spregiudicatezza evidente. Co­struite tra il ’47 ed il ’50 sono vet­ture in alluminio, dai volumi profondamente diversi e piene di trovate esclusive. Al Salone di Mi­lano del ’47 viene presentata la 1100 su telaio Fiat. E subito que­sto modello diviene un terreno di collaudo in cui i vetri curvi entrano a far porte del tetto, con un notevole ri­sparmio nel peso della vet­tura. Le luci dei finestrini ven­gono alzate e gli stes­si sono curvati indietro per dare alla moc­china un aspet­to più aerodinamico e lumi­noso. Anche gli accessori contribuiscono alla piccola rivo­luzione! Maniglie realizzate a filo e fari incassati protetti da cupo­line di plexigloss curvato.

La “Uovo di Pasqua” e le GT

Sembra incredibile, ma in questa ricerca si arrivo a ricavare dal telaio di una Topolino una macchina molto interessante, battezzata (e come poteva essere diversamen­te?) “Uovo di Pasqua”! Ne verrà addirittura prodotta una piccola serie di 25 esemplari, per categoria 750, soprannominate ‘Scansino” ed elaborate da Fa­cetti. Siamo già negli anni ’50 e na­sce lo categoria G.T. Grazie an­che ad Elio, che vincerà ben sette volte il titolo di campione di ca­tegoria. Fonda addirittura, spin­to dalla passione, la scuderia Sont’ Ambroeus, assieme a Fa­cetti, Dragoni e ad altri. Nel 1951, la Zagoto cominciò a pro­durre praticamente solo vetture da corsa o sportive, derivate però da telai della grande serie, veloci e confortevoli.

Sono i coupè, “pa­radiso” dei carrozzieri Zagato. Su questa perfetta fusione, Elio rea­lizza alcune tra le più belle Zagato di tutti i tempi. Ugo dopo qualche tempo allentò la sua presenza, ma la Zagato beneficerà di una seconda giovi­nezza dopo quella legata all’Alfa 1750. Fino al ’50 quindi Zagato continuò o produrre le “Panoramiche” su tutti i telai Fiat. Dalla 500 alla 1400, passando per qualche Lancia Ardea. Dell’elenco fanno parte una Maserati 1500 e alcune Alfa Romeo 2500 6C SS del ’49. Addirittura una M.G.

zagato

L’Alfa 6C del 1750

Le Ferrari di Zagato

Nello stesso anno viene realizzata an­che una bellissima Ferrari Sport 2000 per il pilota Stagnoli: fu la prima delle non numerose Ferra­ri carrozzate da Zagato. La rea­lizzazione delle G.T. su telai di se­rie impone alla Zagato necessa­rie modifiche alle tecniche di costruzione per adeguarle a nuove esigenze produttive. E dalla nuo­va organizzazione le carrozzerie ottengono grandi succes­si: nei primi anni ’50 la produ­zione in piccola serie prevede ben nove modelli: Fiat Siata 1250, Fiat 600 Mille Miglia, Fiat 110 G.T, le fa­mose Fiot 8 V, la Lancia Aurelio 8.20, le Maserati A6 G, la Moret­ti 750 e le Alfa Romeo Giulietta Sprint e S.S. Oltre i prototipi spe­ciali. Dai tavoli dei progettisti e dalla collaborazione costAnte tra padre e figli nascono delle linee inconfondibilmente Zagato, che diverranno famose nel mondo. Nel ’51 Elio ricava una granturi­smo dalla Fiat 1100 e nel ’52 la fa esordire al Giro di Sicilia, anche se nella classe fino a 1500.

Il primo titolo di Elio

Lo vet­turetta si comporta egregiamente a confronto con le Maserati e le Porsche. Non appena viene creata la categoria fino a 1100 (nel ’53), la Fiat Zagato vince ben 11 gare su 18: è il primo titolo per Elio. La vettura è caratterizzata da una verniciatura bicolore che ri­chiama la Z del marchio. Uno dei segni di individuazione (disegna­to da Gianni Zagato, nel frat­tempo entrato nello staff dirigen­te) assieme olle caratteristiche “gobbe”, che si trovano sul tetto di alcune (nate per migliorare l’abitabilità interna e ridurre la sezione maestra dell’auto) o i fari carenati con una mascherina in perspex. Tra questi anche i famosi sedili Zagoto leggeri ed avvolgenti, noti per sostenere una scoliosi di Elio. Il 1951 è l’anno che segno il rientro in grande stile dell’Alfa, importante per Zagoto, al quale la Cosa affida la carrozzeria del­la formidabile “Alfetta 159”, che vincerà il cam­pionato del mon­do di F1 con Fan­gio. Nel 1952 vie­ne realizzata un’auto eccezio­nale, la preferita di Elio Zagato, carrozzata per la scuderia Sant’Ambroeus. Era la Fiat 8V, uno dei simboli della Zagato: li­nea moderna, leg­gerezza e meccanico generosa. Oltre il “piedone” di Elio.

Il dominio nelle GT

Quest’auto raggiuse una tale competitività da sbaragliare tutti gli avversari nella categoria G.T. sino a 2000, mentre di pari passo la versione stradale veniva resa sofisticata e lussuosa. Gli anni ’50, come visto, segnarono il riavvicinamento della Zagato all’Alfa Romeo. Oltre alla 159 nacquero le 1900 SSZ e la prima versione Zagato della Giulietta Sprint, la SVZ, per conto dei fratelli Leto di Priolo. Ma anche Altre Case rice­vettero attenzione. La collabora­zione più fruttuosa fu quella per l’Abarth a partire dol 1956. Nel 1955, Gianni Zagato contribuisce all’attività creativa con le sue ca­pacità di disegnatore e progetti­sta, coadiuvato dal giovanissimo creativo Ercole Spada, che a 23 anni saràa poi il capo progettista di tutte le Zagato del decennio suc­cessivo. Tutti e tre lavorarono alle esperienze sui prototipi della Giu­lietta SVZ alla continua ricerca di nuove soluzioni aerodinamiche. Ma i frutti di questo lavoro sareb­bero maturati più in là, nei primi anni ’60.

A dare una spinta all’inventiva di Gianni ed Elio Zaga­to ed Ercole Spada furono in 750! Tanti erano i cavalli della versione elaborata da Abarth della 600, la quale mantenne a lungo (ugual­mente con successo) la carrozze­ria di serie. I Zagato pensarono di affiancarle un modello del tutto originale ed il progetto scaturì senza indecisioni. La produzione fu altrettanto fulminea e nello stesso ’57, all’ultima Mille Miglia, ne venne iscritta una che vinse con Alfonso Thiele la sua classe alla media record di 117,925 Km/h.

I successi di Zagato alla Targa Florio e alla Coppa Intereuropa

Velocissima e maneggevo­le, non aveva rivali. Ottenne ri­sultati incredibili come il 1 ° posto di categoria alla 12 Ore di Sebring e Daytona nel ’59. Vinse la Targa Florio, la Coppa lntereuropa a Monza e infinite altre gare. I suc­cessi sportivi crearono il successo commerciale, al punto che la stes­so Zagato non riusciva a fare fron­te alle richieste e si appoggiava od alcune carrozzerie esterne (tra esse la Corno). La ver­sione 1000 bialbero del ’60 rag­giunse una tale perfezione esteti­ca e meccanica da meritarsi l’ambìto rionoscimento del Compasso d’oro. Con l’Abarth, la Zagato Jr introdusse anche la versio­ne coupe della 500 ed alcune pic­cole serie di 700, sia mono che biol­bero, di 750 e 850. Quest’ultime derivate dal te­laio 600, sia coupè che spider, ol­tre che la serie dei prototipi record Monza.

Anche queste vetture sono caratterizzate spesso dall’unghiata sul padiglione delle berlinette. Oppure dalla creazione di ampie prese d’aria, dalle più svariate forme, sul cofa­no posteriore. L’Alfa intanto sti­mola Zagato, dopo le prime espe­rienze sulle SV, alla realizzozione di una vettura competitiva. gli affida il pianale della sua versio­ne di punta: la Super Sprint. Zagato ne farà un capolavoro con lo creazione della SZ, costruita in 200 esemplari e successivamente con le evoluzioni TZ 2. Di cui si realizzarono solo 12 esemplari, fi­glie dello stesso concetto. La SZ, disegnato anch’essa da Ercole Spada.

L’invenzione della “Coda Tronca”

Nota come conti­nuazione del­la linea “tut­totondo” del­la SVZ, aveva un leggerissi­mo telaio tu­bolare a traliccio. E alle vetture Zagato veniva ri­chiesto sem­pre di essere le più leggere e le più veloci: forme pene­tranti e affu­solate, parti­colari pensati come precise risposte a esigenze tecniche come la coda tronca: un taglio netto ver­ticale che sconvolse i canoni este­tici dell’automobile a partire dalla seconda versione della SZ. Detto appunto “Coda tronco”, nel luglio 1961. La sfida aerodi­namica giunse al punto di care­nare anche il bordo superiore dell’aria. Migliorava il funziona­mento dei tergicristalli alle alte velocità. Pur pensate come vettu­re essenziali, alcune Zagato non trascuravano le finiture e lo confortevolezza. Molti modelli fu­rono dotati di un’altra invenzio­ne di Gianni: le palpebre in plexi­glass lungo i bordi superiori della finestratura (i moderni antiturbo).

L’idea dei vetri “anti-turbo”

Essi deviavano le turbolenze e lo pioggia nell’abitacolo. Altri eb­bero una selleria curatissima e un’aerazione ottimale. In parti­colare la produzione delle Lancio Flaminia e Appia Sport qualifica la Zagato come costruttrice di vet­ture di classe. Il prototipo dell ‘Ap­pia Coupè, studiato da Zogato nel 57, esordì in gara alla Treponti­-Castelnuovo. Questa vettura fu soprannominata curiosamente “Cammello” per le famose gob­be del tetto, che qui vennero este­se anche al cofano e al portaba­gagli. La macchina era raffinata e leggera (pesava 750 Kg.) e con granai doti sportive. Fu costruita in ben sette versioni diverse e si aggiudicò per quattro anni con­secutivi il campionato italiano. Da notare anche la versione GTS ,con motore po­tenziato e caratteristiche pinne posteriori, e la GTE, senza carena­ture sui fari e con frontale modificato. Nel ’61 arrivarono le versioni “Passo corto” che seguirono le “Passo lungo”, la Sport e così via con va­rie modifiche. Questo per ben sette anni: l’Appia costituisce per Zagato un passo avanti nella realizzazione delle tecniche semi-industriali, mantenendo le rifiniture artigia­nali. La collaborazione con lo Lancia portò alla nascita di vet­ture interessantissime. Nel ’60 la Flaminia Sport, costruita in 526 esemplari su 4 versioni.

La Fulvia Sport 1300

Quattro posti per la categoria turismo, pre­sentata a Ginevra nel ’62, origi­nale nella calandra o diedro. Tra le novità il lu­notto concavo e i vetri curvi poste­riori, come sulle prime “Panora­miche”. Non era “bello” ma ri­scosse una straordinario appro­vazione (furono 726 i pezzi co­struiti). Nel 1967 nacque la Fulvia Sport 1300 che venne pro­dotta in 4 versioni, derivate dolio coupè di serie, e che fu costruita fino al ’75 in circa 7000 esempla­ri. Più una piccola serie di “alleg­gerite”. La produzione aumento e Zagato si rivolse ad altre Case.

La collaborazione con diverse case europee

Tra queste la Jaguar, la Bristol, l’Aston Martin e la BMC. L’Osca di Bologna affida a Zagato l’ultima delle sue vetture; da questo colla­borazione nasce una leggera originale berlinetta sportiva, la cui finezza prelude a quella coda tron­ca che doveva successivamente essere adottata da molte Case. Era la 1600 G.T. Essa montava per la prima volta i famosi cerchi Amo­dori-Campognolo. L’ultima vet­tura disegnata da Ercole Spada per Zagato. Solo sette strana­mente furono le Ferrari di Zaga­to, quasi tutte do corsa. Oltre alla 166 Mille Miglia di Stagnoli, trasformata poi in barchetta, nel ’56 venne fuori una 250 molto classica. Poi la 250 del ’59 per Miro Galluzzi a cui non mancarono le cupoline, ormai classiche. Bellissima la 250 competizione corrozzata per Comillo Luglio, che corse anche varie edizioni della Targa Florio­, Giro di Sicilia e con cui il pilota vinse il suo secondo titolo italia­no.

Il rapporto della Zagato con Maserati

Le oltre Ferrari, disegnate do Giuseppe Mittino che dal ’70 so­stituì Spada, furono: la spider 3Z per Chinetti, la 330 convertibile del ’74, anche questa per Chinet­ti. Più proficua la collaborazione con Maserati iniziata nel ’54 con una A6G G.T. 2000. Furono ben 16 le carrozzerie su questo mo­dello e una spider. Il rapporto con la Maserati degli Orsi viene este­so anche a due vetture sport cor­sa 450 S. La prima un coupè so­prannominato “il mostro” viene allestito per Le Mons e per Moss, ma non si classificherà. La seconda, una spider, corse senza fortu­na. La storia della Zagato conti­nua fino ai giorni nostri: dopo la morte del padre, avvenuta nel ’68, i fratelli Zagato hanno continua­to ad interpretare le nuove ten­denze “giapponesi” e A collabo­rare con le Case “gialle”. A nostro avviso, l’apice del succes­so fu raggiunto alla metà degli anni ’60: quattro “uo­mini d’oro” che per dieci anni die­dero alla carrozzeria italiana tempra di stile automobilistico.

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