Totò Schillaci: “Conosco i pericoli delle strade”
Le Interviste di Tripisciano - Pubblicato il 03 Dicembre 2020 - 13:10
Schillaci: la “telefonata” di Sicilia Motori
Sicilia Motori, dal numero di aprile del 1998
di Luigi Tripisciano
Quasì cento gol in poco più di 4 campionati di A, 3 di B e 4 in serie C sono sufficienti a rendere popolare un calciatore. Se poi aggiungiamo 16 presenze in Nazionale, con sette gol all’attivo, non ci sono dubbi che il giocatore è di qualità. Ma tutto questo rappresenta poco rispetto a quello che Salvatore Totò” Schillaci riuscì a fare, a quello che ci fece provare, durante la magica estate di “Italia ’90“. Un sogno azzurro, 6 gol rimasti memorabili, non solo per le immagini ancora oggi vivissime anche in chi non segue abitualmente il calcio, ma perchè Schillaci, il ragazzo venuto dal Sud e approdato alla grande Juventus, il centravanti che l’anno prima aveva vinto la classifica dei cannonieri di serie B col Messina, allenato da Franco Scoglio. Altro personaggio assai singolare per l’ambiente, risultò il miglior realizzatore di un campionato del mondo. Un’impresa da Albo d’Oro.
Grande popolarità, dunque. Anche troppa, che mandò a monte il suo matrimonio, perchè la notorietà può anche dare alla testa, ma non a Totò, che finiti i festeggiamenti, si rituffò nel campionato. Ma non c’era più la serenità. I gol non venivano più con la stessa facilità e qualche infortunio lo bloccò. Lui che a Messina aveva subìto due interventi al menisco ed era subito tornato in campo, più forte e scatenato dì prima. Dalla Juve all’Inter. Dall’Inter all’avventura in Giappone. Primo italiano dì fama ad emigrare e a tracciare la strada a tanti altri. Quasi 4 campionati nel Paese del Sol Levante, per nuova fama, tanti sacrifici ma anche un bel gruzzolo di milioni per la vecchiaia. Con la maglia del Jubilo lwata, sponsorizzato Yamaha, Totò Schillaci ha realizzato una sessantina di gol.
Poi è stato bloccato dal mal di schiena ed è tornato in Italia a curarsi. Non sa se a quasi trentaquattro anni potrà tornare a giocare, come vorrebbe, ancora con tanta voglia di sfondare le reti avversarie. Far scattare in piedi la folla che non lo ha dimenticato, ma intanto si prospetta anche una carriera da dirigente, da presidente del Palermo, se Giovanni Ferrara a giugno deciderà di vendere. Un’esperienza che si aggiunge a quella di consigliere comunale. Traguardi davvero impensabili per quel ragazzo venuto dal Capo e cresciuto in un quartiere nuovo ma non meno degradato quale il CEP. Uno dei ragazzi siciliani che si sono affermati nella vita ma non hanno dimenticato nè la loro città e nè l’umiltà di chi conosce il valore del denaro. Ed Il sudore necessario per conquistarlo. Una modestia che Totò ha sempre avuto. Ama le cose semplici, la casa, la famiglia, i figli e anche le macchine, “perchè danno un senso di sicurezza, di soddisfazione, fa stessa – dice – che proverei alla guida del Palermo, per riportare alla Favorita il calcio vero e lavorare per la mia città”.
Le auto. Non sono tutto ma non le trascura. Cominciò a diciotto anni, appena conseguita la patente, con una vecchia Dyane 6, una Citroen da 602 cc. “Mi servì per fare pratica – spiega – perchè subito dopo una Golf Gti ed ho pure avuto due Volvo e due Mercedes 300. Mentre in Giappone la società mi aveva messo a disposizione un fuoristrada Toyota, per meglio raggiungere la mia villetta in periferia”. Oggi Schillaci viaggia con una classica Porsche 911, non è uno spericolato ma ama la velocità. “Corro quando posso, conosco i pericoli della strada ed ho un sacro terrore della pioggia. Rispetto le mie vetture, mi piace il comfort, ma non sprecare. Non mi considero un ricco che può far pazzie, ma certi capricci me lì posso permettere. Devo pensare ai miei figli – prosegue – e al mio futuro. Oggi vivo alla giornata. Ma dopo l’estate dovrò prendere una decisione. Per ora ml guardo in giro, sogno di prendere il Palermo, con alle spalle un appassionato che mi darebbe carta bianca, faccio esperienza in Comune e conosco i politici. E il modo di fare politica, per me del tutto nuovo. In tutto questo mi mantengo con i piedi per terra. Certo, anche in auto, perchè nella vita sono stato sempre un calmo. In campo era un’altra cosa”.
Sotto certi aspetti è anche un timido, anche se in questi anni ha acquistato sicurezza e spigliatezza. Ha per esempio paura dell’aereo, ma per rientrare nella cittadina a sud di Tokyo doveva volare per oltre 12 ore. E poi sobbarcarsi un paio d’ore di treno, “perché in Giappone – dice – si viaggia bene e alla svelta solo col treno. Le autostrade sono intasate dai camion. In città il traffico è tanto, ma ben gestito, e poi si ha rispetto della natura e si cerca di salvare l’ambiente. I giapponesi sono davvero un popolo delizioso, che ormai conosco bene. Come conosco i pericoli della strada e cerco di evitarli. In auto non ho mai incontrato complicazioni particolari, ma da ragazzo, con il motorino, sono stato travolto da una macchina. Oltre a ferite alla testa riportai la trattura della tibia. Evidentemente non mi ha impedito di fare quello che volevo, il calciatore, ma l’incidente mi ha insegnato la prudenza. E provo quasi invidia per quelli spericolati della Formula 1, che seguo con interesse. Sono anch’io un ferrarista e spero nel titolo per Schumacher. E’ un grandissimo pilota. A casa ho il casco di Jean Alesi, che mi regalò quando ero alla Juve. Fu un incontro cordialissimo, fra siciliani costretti a lavorare lontano da casa. Ma ora sono tornato e il mio futuro e quì, a Palermo“.
Ultima scontatissima domanda: Francia ’98. Andrai a vedere i mondiali? “No, in estate mi piace andare al mare. Starò quindi a casa e seguirò le partite in televisione. E poi vorrei ricordare che sono un uomo riservato e non mi piace esibirmi. Non intendo fare una passerella. Cosa che sarebbe inevitabile se andassi a Parigi”.