Pietro Frua: grande tecnico e progettista
La storia dei carrozzieri - Pubblicato il 16 Agosto 2020 - 15:46
di Francesco Ragusa – Riproduzione riservata
Tecnico e progettista, forse il secondo designer “free lance” italiano, dopo Mario Ravelli De Beaumont, Pietro Frua matura una lunga esperienza, lavorando presso varie carrozzerie torinesi. Tra le quali gli stabilimenti Farina, dove rimase quasi 10 anni.
Nel 1944 aprì una piccola carrozzeria a carattere artigianale, ma che in breve assunse un ruolo di rilievo nel panorama degli artigiani dell’auto torinese. Nel 1958 lo stabilimento venne assorbito dalla Ghia (carrozzeria questa, sempre presente, soprattutto quando si trattava di rilevare aziende di buona qualità e di cui ancora troveremo ancora molte volte il nome nella storia evolutiva di altre aziende). Ma già un anno dopo Pietro Frua riaprì uno studio per la progettazione di carrozzerie.
Pietro Frua e l’attività da carrozziere
In questa fase egli fu uno dei primi operatori indipendenti ad intrattenere rapporti di consulenza con fabbriche estere per la definizione di modelli di serie. Dal 1944 al 1958 Frua svolse una vera e propria attività di carrozziere. Progettando e costruendo vetture originali su telai italiani e stranieri. Dai suoi stabilimenti, situati prima in Via Giovanni da Verrazzano e poi nella più attrezzata officina di Via Montefeltro. Escono fuoriserie, modelli unici e anche vetture di piccola serie.
Fin dall’inizio della sua attività Pietro Frua rimase affascinato dalla tecnologia Maserati e con questa fabbrica iniziò una lunga serie di collaborazioni che portarono alla realizzazione di vetture splendide. Tra le vetture più interessanti progettate interamente da Frua in quegli anni vi fu infatti la Maserati 2 litri sport coupè. Presentata al Salone di Torino del 1954, subito seguita da una gradevole versione (seppure un pò appesantita da qualche eccesso stilistico della mascherina) della 2000 A 6 GCS denominata “Cabriolet Gran Sport”. Derivata, per essere una macchina chiusa, era una rarità.
La presentazione al Salone di Torino del 1951
Pasquino Ermini era infatti molto più conosciuto per le aggressive barchette da corsa. La vettura presentata al Salone di Torino del 1951, si faceva notare per una linea molto raffinata, caratterizzata dall’ampia presa d’aria. Tagliata a metà dalla lama del paraurti, un motivo stilistico che sarà piuttosto caro a Frua, tanto da riproporlo successivamente anche su altri suoi progetti. Questa bella vettura, che probabilmente voleva essere un tentativo di Ermini di inserirsi nel ristretto novero dei costruttori di veicoli granturismo, così come avevano fatto i Maserati con l‘Osca 1600 Nardi battezzata “Spiderina”. Per inciso, ricordiamo che Nardi, assieme a Danese, fu un costruttore di piccole, veloci vetturette da corsa, prima di diventare il produttore dei volanti che tutti conosciamo. si aggiudicarono, nell’ordine, i primi tre posti della categoria vetture sportive, per il premio di eleganza.
La Maserati in particolare, realizzata sul telaio n. 2196, rivestì nel 1959 importanza stilistica anche per la Casa. In quanto da questo modello singolarmente ne derivò la più famosa versione coupè carrozzata dalla Touring di Milano (almeno per quanto riguarda il frontale, la presa d’aria e la posizione dei fari). Ma con la commessa interruppe nel 1958, per un pò, il lavoro con la Maserati. Si trattava della progettazione della Renault “Floride” su meccanica Dauphine. Che darà poi seguito alla similare versione “Caravelle“, sempre su meccanica Renault. La vettura francese ebbe una certa diffusione in Italia e ancora oggi ne sopravvivono parecchie. Grazie soprattutto alla meccanica robusta.
Un’inedita Volkswagen Coupè
Nel 1960 Frua disegna anche una inedita Volkswagen Coupè, ma a quattro posti, e, come tutti, non disprezza le “americanate” allestendo e presentando al Salone di Torino una berlina Studebaker “Lark”. Ma le soddisfazioni, come anticipato, arrivano con la casa del tridente, anche se solamente come designer e non più come piccolo produttore di speciali.
Nell’agosto del 1962 Frua progetta nientemeno che per… l’Aga Khan, una delle 32, oggi rarissime, vetture 5000 GT tipo AM 103, esattamente sul telaio n. 060. Questa vettura, presentata a Parigi, sarà incisiva per l’anticipo delle idee per altre due vetture del Tridente, dell’anno successivo, entrambe poi prodotte in serie dalla casa modenese. La “Quattroporte” e la “Mistral“. La Quattroporte era una delle primissime berline veloci della storia recente dell’automobile. Paragonabile per cilindrata e costi alla 500 superfast e alla 365 GT 2+2 della Ferrari, ma diversa per l’imponenza della linea e per l’estrema comodità.
La Mistral AM 109
Caratterizzata dalle finiture “opulente” e, nella prima serie dalla calandra con i fari rettangolari, che diventeranno sdoppiati nella seconda versione, montava un grosso V8 doppia accensione da 4200/4700 e.e., dalle egregie caratteristiche di elasticità e potenza, fu costruita in 7 59 esemplari dal ’63 al ’69. La “Mistral”, la prima con un nome di vento di una lunga serie di Maserati, denominata in fabbrica tipo AM 109, era dotata inizialmente di una motorizzazione 3700 derivata dal 3500 GT, fu costruita in 859 esemplari di cui 120 furono gli splendidi (e oggi ricercatissimi e strapagati) spider.
La dotazione della Mistral
Presentata a Ginevra nel 1965, la “Mistral” era una coupé che impropriamente fu considerata una 2+2, solo perchè aveva due cuscini dietro! Caratterizzata dalla presenza del paraurti che sormontava la presa d’aria, aveva un grande portellone posteri or e che dava accesso all’ampio portabagagli. La dotazione era di assoluta qualità e comprendeva, tra l’altro, i vetri elettrici e l’aria condizionata. La vettura veniva assemblata tramite le officine Padane, responsabili solo dei vetri, della verniciatura e degli allestimenti esterni, dopo avere ricevuto la scocca grezza, modellata dalle officine Maggiora.
Il motore fu prima il 3700 e poi il più elastico 4000 (tipo AM l 09 /Al) ambedue con la bizzosa iniezione meccanica Lucas. E’ più facile rilevare come il padiglione della Mistral sia un rimodellazione del tema, già trattato sulla 5000 GT, e per l’epoca di assoluta novità stilistica. Dopo un’altra parentesi di assoluto impegno con la casa tedesca Glas, poi assorbita dalla Bmw, che gli affida tutti i suoi progetti, Frua si dedica alle Case più disparate e perfino inconsuete: ricordiamo soprattutto una Opel Kadett Spider, una Lotus Elan Coupè, presentata al Salone di Ginevra nel 1964, l’AC 427 Spider del 1965, seguita dalla 428 Coupé, una Jaguar 3,8 Coupé del 1966, commissionata dall’importatore italiano, la Monteverdi 7200 8V del 1968.
Pietro Frua e le altre sue vetture
Ai vari saloni dell’auto degli anni ’70, Frua presenta ancora delle vetture interessanti quali un Coupé Opel Diplomat, che ricorda molto la Maserati Ghibli, una Porsche 914/ 6 in esemplare unico, una Momo Coupé commissionata dalla nota casa di volanti e accessori auto, e perfino una Ligier JS 1, una aggressiva berlinetta con motore Cosworth 1600 Twin Cam. Le vetture di Frua compaiono ai saloni fino alla fine degli anni ’70, poi il designer… si mette in pensione, o meglio, lavora più in sordina per gli uffici stile di molte case automobilistiche.