Carrozzeria Colli: specialista in leghe leggere

Carrozzeria Colli, focus nelle leghe leggere

Tratto da Sicilia Motori – Anno XI n. 6 (131) Giugno 1992

di Francesco Ragusa – Riproduzione riservata

Nel 1932 Giuseppe Colli fon­dò la sua carrozzeria a Mila­no in viale Certosa, dopo un breve ma importante ap­prendistato presso la Tou­ring. Colli, lattoniere di gran­de esperienza e perizia, spe­cialista nelle leghe leggere (il fatto di avere lavorato nel­la carrozzeria dell’Ing. Bian­chi Anderloni che era detentrice del bre­vetto «superleggera», lo av­viò verso questo tipo di co­struzioni) e perfezionista nei dettagli costruttivi, fece co­noscere la sua azienda a quei clienti «speciali» che su tutte le altre qualità, apprez­zavano il veicolo leggero.

Purtroppo Giuseppe Colli morì nel 1936 e gli subentra­rono i figli Mario, Beniamino, Tarcisio e Candido, che as­sunsero in seno alla fabbri­ca ognuno un proprio ruolo, continuandone e potenzian­done le capacità. La carroz­zeria fu ritenuta concorde­mente tra le più adatte alla lavorazione delle leggerissi­me leghe di alluminio che ri­vestivano in particolare vei­coli speciali e da corsa.

Una storia ricca di difficoltà

No­nostante le difficoltà, la scar­sità degli impianti disponibi­li, mezzi finanziari con opu­lenti e, non ultima, la concor­renza, tre anni dopo già la Colli era abbastanza nota in tutti gli ambienti automobili­stici, grazie al fatto che i quattro fratelli erano riusciti a realizzare un loro modello di carrozzeria leggera per vetture sport, particolarmen­te aerodinamica, che monta­rono soprattutto su telai Fiat e Alfa Romeo, oppure su te­lai tubolari speciali, che ave­va anche il pregio di essere robusta, e la cui costruzione risultava di prezzo modera­to, permettendo il massimo sfruttamento del motore e la massima penetrazione aero­dinamica.

Durante la secon­da guerra mondiale, questa capacità non passò inosser­vata e la stessa Aeronautica Militare sfruttò la specialità della Colli nella lavorazione delle leghe, per la fornitura di alcune parti di velivoli, quali ali, centine, impennag­gi, strutture e serbatoi chio­dati in «Dura!». Tutta questa esperienza accumulata in campo aeronautico, da sem­pre noto per le tecnologie avanzate che sperimenta, ovviamente fu molto utile ai Colli, che seppero farne te­soro. Nel 1946 infatti la car­rozzeria Colli presentò alla stampa uno strano mezzo, un veicolo promiscuo aero ter­restre, chiamato «Aerauto», ma la cui sigla di progetto era PL 2 C, progettato dal­l’Ing. Luigi Pellegrini.

Le caratteristiche della Carrozzeria Colli

Le ca­ratteristiche tecniche erano, per l’epoca, a dir poco «mi­rabolanti»: la costruzione si segnalava infatti, oltre che per il bel disegno dell’abita­colo (visto il caso sarebbe meglio chiamarlo … carlin­ga) che aveva linee elegan­ti, profilate ed armoniose, anche per unparticolare congegno che agiva sulle … ali, si proprio ali, che grazie a questo meccanismo dive­nivano ripiegabili e che fa­cevano trasformare il veico­lo in un piccolo aeroplano da turismo. Il tutto con un moto­re di soli 60 cv, che avreb­be dovuto portarlo, una vol­ta preso il volo, alla velocità di 190 km/h.

Anche il prez­zo che fu previsto (500.000 li­re, dell’epoca s’intende!) sa­rebbe stato particolarmente conveniente … tuttavia … C’è il classico ma. Nonostante l’ingegnosità del progetto l’«Aerauto» rimase allo stadio di prototipo, anche perché poco era stato fatto per un suo reale corretto uso stra­dale: non era previsto l’im­pianto elettrico conforme al codice, gli organi di sterzo del Carrello triciclo (cosa si sarebbe pensato di un aereo a quattro ruote?) erano asso­lutamente inadatti alla circo­lazione stradale e poi la lar­ghezza, ad ali ripiegate, ar­rivava alla rispettabile misu­ra di due metri (e ancora in Italia le autostrade non era­no state costruite). Fu comunque questa invenzione che fece conoscere dapper­tutto il nome della Carrozze­ria Colli.

La Società Aeronautica Montecatini

La Società Aero­nautica Montecatini volle che il veicolo, per la sua no­tevolissima tecnica della la­vorazione dell’alluminio fos­se esposto nel suo padiglio­ne della Fiera Campionaria di Milano. Nel 1947 la Colli espone per la prima volta ad un Concorso di Eleganza: si tratta di quello famoso di Vil­la D’Este, dove la sua car­rozzeria sport su telaio Fiat 500 ottiene il primo succes­so di pubblico.

Un successi­vo premio ottenuto con una sua carrozzeria alla «Coppa dell’Artigianato», spinge an­che clienti svizzeri a servir­si della carrozzeria milane­se, con la realizzazione di nu­merose ordinazioni per car­rozzerie Sport, favorendo so­prattutto negli anni 1948 e 1949 il giro d’affari. Negli stessi anni diverse vetture furono ospitate negli stands del Salone torinese dell’au­tomobile, costruite indiffe­rentemente su telai Fiat 500, 1100, 1400 e sull’Alfa Romeo 1900.

E fioccano ancora i premi ai Concorsi; nel 1949 un Gran Prix al concorso di eleganza di Cannes con una Fiat 1100, un 2° premio a Niz­za con la stessa vettura, poi nel 1950, ancora con una 1100 il 2° premio al concor­so di Venezia, poi altri pre­mi furono aggiudicati in Francia, Svizzera e Belgio. Le motivazioni sono sempre per la linea elegantemente aerodinamica, per la costru­zione leggerissima, per gli interni comodi e spaziosi.

Il telaio tubolare Gil.Co.

È del 1951 un elegante coupé speciale, su telaio tubolare Gil.Co. (sta per Gilberto Colombo) progettata da Guido Cattaneo per conto della Ca­bi, con una raffinata mecca­nica Alfa Romeo 6C 2500 SS, verniciata in blu e dalle li­nee sapientemente equili­brate.

Dello stesso anno è una gradevole Cabriolet Sport Extraleggera, una due posti secchi con telaio tubo­lare Gil.Co. e meccanica Fiat 1100 S, presentata in un inconsueto colore verde pa­stello chiaro al Salone di To­rino, ed il cui primo proprietario fu uno dei fratel­li Scotti, Luigi per l’esattezza, famosi piloti di «barchette» Ferrari.

Scotti l’anno succes­sivo con questa vettura, pre­se parte alla Mille Miglia. La vettura, che nelle linee ge­nerali somiglia molto alla contemporanea Ferrari 166, è stata ritrovata alla fine de­gli anni 70, e restaurata, sep­pure con una livrea rossa ha partecipato alla Mille Miglia nel 1982 e 1984. Nel 1953, all’apice della sua gloria, la carrozzeria Colli diventa fi­duciaria della stessa Alfa Romeo, concentrando la sua arrività in un rapporto diret­to con il Reparto Corse ed il Servizio Esperienze della Casa, della quale costituisce il reparto Carrozzerie speri­mentali, allestendo molte pregiate vetture ufficiali, a volta frettolose nella esecu­zione, ma di sicura funziona­lità.

Carrozzeria Colli alla Mille Miglia

In quello stesso anno infatti i Colli allestiscono per la Mille Miglia tre Berlinette su telaio 3000 CM (competi­zione maggiorata), con cui corsero Fangio, Kling e Sa­nesi, e una barchetta sport biposto 3000 derivata da un telaio della «Disco Volante» caratterizzata dalle ampie prese d’aria frontali, dai pic­coli parabrezza separati e dai due poggiatesta carenati rimasto esemplare unico.

Contemporaneamente, la Casa affida ai Colli la realiz­zazione anche in piccola se­rie di variazioni ed elaborazioni sulle vetture di produzione, quali ad esem­pio la berlina lunga di rap­presenanza sul pianale 1900, la versione giardinetta (de­nominata «promiscua») della Giulietta 1300, molto riuscita stilisticamente.

La stagione wagon della Giulia TI

Decentrato negli anni 60 alla Autodelta tutto il Reparto Corse, alla Colli non rimase altro che proseguire su questa strada e l’ultimo lavoro commissio­nato dall’Alfa fu la trasforma­zione in Station-Wagon della Giulia TI: ma era ancora troppo presto per la diffusio­ne di massa delle berline fa­miliari e questa bella macchina trovò diffusione solo tra le pattuglie (una vol­ta si chiamavano «pantere») della Polizia Stradale e per le assistenze ai clienti delle Concessionarie.

Dopo esse­re giunta a risultati così lusin­ghieri, caso non frequente in aziende a vero carattere fa­miliare, il mutato contesto tecnico ed economico co­strinse la Carrozzeria Colli alla chiusura, avvenuta nel 1972. Il motivo non lascia al­ternative: «mancanza di com­messe». Oggi per molto meno si va in «cassa inte­grazione». 

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