GILBERTI Angelo, il pilota delle isole
Campioni di Ieri - Pubblicato il 17 Giugno 2020 - 14:00
Tratto da Sicilia Motori – Anno VII n. 25 (83) Marzo 1988
di Pierluigi Piredda – Riproduzione riservata
Pur avendo felicemente superato il «traguardo» dei cinquant’ anni Angelo Giliberti, Siciliano di nascita ma, ormai sardo d’adozione, non dimentica, e non dimenticherà mai i successi ottenuti nel mondo delle corse. Anzi non ha certo intenzioni di abbandonare l’ambiente automobilistico. Continuerà infatti, con l’entusiasmo di sempre, a preparare vetture, sia per collaudati campioni che per giovani promesse.
L’incontro con Angelo Giliberti è avvenuto ad Alghero, splendida città sulla Riviera del Corallo, nell’autosalone di un suo amico. Appena il discorso scivola sul passato, Angelo Giliberti, senza lasciar trapelare alcun rimpianto, parla volentieri, dichiarando la sua grande passione sia per l’agonismo che per la meccanica.
Del resto la famiglia Giliberti, in particolare il padre e lo zio, ha sempre avuto l’hobby dell’ automobilismo. Per questo Angelo, già all’ età di 10 anni inizia ad interessarsi, con entusiasmo, di motori. Il primo approccio è con la moto. La MV 125. Naturalmente i ricordi, di una lunga e prestigiosa carriera, sono tanti.
La prima domanda non poteva che riferirsi al suo esordio ufficiale. «Ho esordito risponde Angelo Giliberti nel 1955. Avevo una 500 Ced ho partecipato all’ Avola Avola antica. Nessuno può mai dimenticare la prima volta».
Da come parla sembra proprio «accarezzare» un tempo dove le speranze sono tante. Ed infatti, tralasciando di raccontare tanti episodi passa subito a rievocare quello che definisce il suo anno d’ oro. «Indubbiamente la stagione agonistica più importante per me e stata quella del 1964″.
“Vinsi il campionato italiano di velocità in pista e quello della montagna. Un duplice successo molto importante che lasciava intravedere un futuro ricco di successi agonistici. Ma purtroppo I’ anno successivo, alla Targa Florio, al volante della vettura ufficiale dell’ Abarth ebbi un grave incidente».
Ma gli incidenti capitano a tutti i piloti e vanno messi in bilancio da chi fa una professione brillante dove occorre rischiare per conquistare l’alloro. Perche ha, dunque, abbandonato il professionismo?
«Si! E vero. Quello che dice e giusto. Soltanto che io ebbi un gravissimo incidente per cui ho preferito rientrare tra i dilettanti. Non ho mai pensato di lasciare il mondo delle corse».
Non mancarono certo le soddisfazioni. «Dal 1966 fino al 1983 ho conseguito numerose vittorie in tutta Italia. Vittorie che mi hanno dato tanta felicità e ricompensato, ampiamente, dei sacrifici».
Può elencarne alcune! «Sarebbe veramente troppo lungo. Posso soltanto ricordare la Macchia Sant’ An gelo, e poi la Gubbio Madonna della Cima». Complessivamente ricorda il numero?
«Le vittorie assolute sono circa 30, conseguite alcune con il “famoso ” A 112, mentre quelle di classe sono il doppio. Parlo naturalmente soltanto di successi perché ho ottenuto anche dei prestigiosi piazzamenti».
Un carriera molto lunga la sua «Si, dopo le vetture turismo, sono passato nel 1963 alle sport; nel ’66 vinsi la prima gara disputata dopo l’incidente, la Val d’Anapo Sortino, mentre una delle stagioni che ricordo particolarmente e quella del ’69, quando vinsi tutte le cinque gare disputate, con lo pseudonimo di «Bitter», col qua le corsi anche nel 1977. Proprio in quell’anno disputai l’ultima gara in Sicilia, la Collesano Piano Zucchi, che vinse con una Lola».
Poi Giliberti si sposta sul «continente»; Negli anni ’82 ed ’83 mi sono stabilito a Vallelunga, dove ho anche corso e vinto due volte; l’ultima mia vittoria risale al 1983, con un’Osella 2000, mentre fino all’85 ho disputato sporadicamente qualche gara. Il palermitano nella carriera ha anche una breve parentesi nei rallies.
«I rallies erano una mia grande passione, ma troppo … costosa. ho preso parte a alcuni Rally di Sicilia, al Tour de Corse, ed alla Ronde des Cevennes, con I’Abarth ufficiale». E ancora vivo nel ricordo degli appassionati siciliani, la A l 12 preparata da Giliberti
«Si, quella era un po’ la prefigurazione di quelle che sarebbero state chiamate vetture gruppo 5; con quest’ auto grazie a molti piloti, fra cui Giancarlo Barba, ottenni delle grandi soddisfazioni, pur non portandola mai personalmente in gara».
Una carriera agonistica molto bella ed emozionante? «Non posso certo lamentarmi. Ho fatto molti sacrifici, ma ho avuto tante soddisfazioni». Sappiamo che molti piloti devono alle sue capacità di preparatore i loro successi.
«Il primo al quale diedi la mia collaborazione è stato Mariano Spadafora, poi Ferdinando Latteri, Piero Lo Piccolo, Salvatore Calascibetta, il barone Giorgio Inglese, Roberto Bordonaro e Bastiano Sansica. Come vede sono tanti amici siciliani. Forse ho dimenticato alcuni». Certo non può ricordarli tutti.
«Ora ricordo. Scriva pure Eugenio Bottoni e Armando Giammaria di Civitavecchia e Luca Gazzarri di Volterra». E i piloti sardi? «Il primo a cui ho preparato la macchina è stato Franco Locci e poi Sergio Farris». Soltanto due?
«No. Anche Fulvio Maccio, Luigi Gilio, Aldo Sesti e Salvatore Giagu». Angelo Giliberti continua a preparare vetture, ma come già detto, non ha assolutamente l’intenzione di abbandonare del tutto le competizioni agonistiche come piIota. Nella sua officina ha costruito interamente delle macchine per i suoi affezionati clienti, nonché estimatori.
È soddisfatto della sua vita? «Ho fatto degli errori, pero ho vissuto come desideravo vivere. Non ho nessun rimpianto». Non poteva essere che così. Un vero campione come Angelo Giliberti, non può avere rimpianti. La sua «filosofia» di vita è stata, e sarà sempre, di un grande innamorato della meccanica amante del «rombo» dei motori.
Si trova molto bene in Sardegna dove ha tanti amici ed estimatori. Però, ed e giusto che sia così, gli manca molto l’ambiente dove e cresciuto. Auguri Angelo. IL mondo delle corse ti deve molto e ha ancora bisogno del tuo prezioso contributo.