COCO Vito, la voglia di ritornare

Tratto da Sicilia Motori – Anno VI – n.1-2 (57-58) – Gennaio – Febbraio 1987

di Luigi Ronsisvalle – Riproduzione riservata

Il fisico è quello di un tranquillo signore di mezza età, ma lo spirito è ancora quello di una volta. Vito Coco non corre più dal 1980, ma la voglia di motori sembra non lo abbia ancora abbandonato. Catanese, ha 57 anni, una vita di auto da corsa, sia in gare in salita, un pensierino ad un rientro, seppure non clamoroso lo ha fatto.

I motori sono la mia passione da sempre, ma gli anni passano ed è difficile rimanere ai vertici. Tuttavia la possibilità di tornare a gareggiare in pista nel trofeo “Fiat Uno” è tutt’altro che remota. Per la prossima stagione potrei acquistare una di queste “macchinette”; così tornerei a gareggiare in pista e mio figlio Roberto potrebbe anche fare qualche gara in salita”. Il fascino delle gare, il rumore dei motori, l’odore della benzina e dell’olio bruciati.

Richiami troppo forti per chi ama questo mondo. Ma ad una certa età occorre anche farei conti con la carta di identità e con l’anagrafe che non ammettono discussioni. “Certo i tempi sono ormai cambiati. Tornare a correre potrebbe anche essere un rischio nel senso che si potrebbe andare incontro ad una figuraccia”.

“Tuttavia credo che limitando l’attività al circuito, dove occorre sapere ragionare ed avere tanta esperienza, anziché il solo coraggio per spingere il pedale dell’acceleratore fino in fondo, potrei ancora dire la mia. Dove c’è da correre lascio, invece, il passo a mio figlio Roberto, che ha 27 anni, ma forse meno voglia di vincere e meno grinta di quanta non ne avessi io alla sua età”

Le pazzie di un tempo

I tempi sono evidentemente cambiati. Magari i giovani non sono disposti a fare quei sacrifici e, diciamolo pure, quelle «pazzie» che invece un tempo erano, per così dire, la regola. “Una volta tutte le occasioni erano buone per correre, per misurarsi con gli amici-avversari, per conquistare una vittoria seppure simbolica. Si organizzavano su 2 piedi gare di velocità in salita sui tornanti dell’Etna, Una volta addirittura ci si misurava sulla Catania-Messina, quando ancora l’autostrada non era stata nemmeno progettata. E sapete quanto si impiegava? Un’ora!”.

L’aneddotica di queste «performances» è assai ricca. Un episodio su tutti, seppure raccontato a denti stretti e quasi con noncuranza. “Una volta un mio amico accettò una sfida tra «850» sui tornanti dell’Etna. Ha vinto il mio amico perchè nei rettilinei lo «spingevo» con un’Alfa Romeo 1300“. La carriera di Vito Coco non è ricca solo di questi episodi ma soprattutto di vittorie. Centinaia di successi nell’arco di 29 anni di carriera, quasi sempre alla guida di auto con motori Alfa Romeo, sia in competizioni che in circuito, velocità e salita.

Vito Coco e l’inizio per hobby

Comincio a correre nel ’51. Ma il mio era un hobby. Il lavoro (Coco commercia in vini e gestisce un rifornimento di carburante a Catania ndr) ha sempre assorbito gran parte del mio tempo. Non ho mai avuto una attività programmata come si usa oggi. Correvo quando avevo tempo. Talvolta partivo il sabato e arrivavo tardi alle prove. Ma in gara non scherzavo certo. Allora, per chi riusciva a vincere tra premi di gara e premi delle Case (auto, pneumatici, lubrificanti) si riuscivano a coprire le spese ed avanzavano anche soldi. Nel 1961 alla Targa Fiorio vinsi 4 milioni di lire quando il prezzo della mia macchina era di un milione e 250000 lire“.

La carriera di Vito Coco inizia con una 1100 E alla Catania-Etna, la corsa di casa di cui il pilota catanese conosceva ovviamente tutti i segreti. “Fare la “Catania-Etna“, quando ancora si partiva da Catania era un piacere ma io preferivo le gare in circuito. Nonostante questo nelle gare in salita ho centrato parecchi successi fra i quali la “Monte Erice” e la “Avola-Avola Antica“. Nella mia categoria non ho quasi mai avuto rivali.

Solo per l’assoluto ho trovato avversari difficili da superare. Ma in genere erano piloti che arrivavano da fuori. Comunque sulle strade dell’Etna rendevamo la vita difficile a tutti. Una volta, se non ricordo male nel ’59, correvo con un ‘Alfa Sprint veloce. Ero partito per fare l’assoluto. Alla penultima curva mi è letteralmente volata via la ruota anteriore sinistra. La curva però era a sinistra ed essendo la macchina appoggiata sulla destra non mi accorsi subito di cosa era accaduto. La vettura con un ottimo assetto, rimase in strada. Mi dovetti fermare e con l’aiuto di alcuni spettatori montare la ruota di scorta, persi parecchi minuti. Ma nonostante questo arrivai 4°”.

Le gare in circuito di Vito Coco

Gli anni 60 erano anche gli anni delle corse nei circuiti siciliani. Allora si correva a Siracusa, sfruttando in parte strade statali; Pergusa era solo un anello attorno al lago; la Targa Florio era valida per il Mondiale Marche. “Ho corso la mia Targa Florio nel ’57 in coppia con Vito Sabbia. Guidavamo 1100 TV. Fummo primi di categoria e 11° assoluti. Proprio la “Targa” mi diede le soddisfazioni più grosse. Nel ’60, stavolta in coppia con Enzo Arena, con una Zagato 1300 veloce arrivammo 7° assoluti e dominammo la nostra classe. L’anno dopo facemmo ancora meglio, con la stessa macchina, arrivammo al 5° posto, dopo aver vinto la nostra classe”.

Nel 1967 Vito Coco decide di smettere. l tempi cominciavano a cambiare, anche se con un motore Alfa- Romeo 1300 preparato da Virgilio Conrero, Coco riusciva a correre per 2 stagioni cambiando solo le candele e ottenendo 23 successi. ‘Erano motori fantastici. Dopo una Targa Florio perdevano solo 2 o al massimo 3 cavalli. Però bisognava saperli trattare”. Poi il lavoro e quel «corro solo quando ne ho voglia» lo allontanarono dalle competizioni. Ma la separazione fu molto breve. Appena 2 anni dopo il rientro.

Mi telefonò Conrero dicendomi che poteva mettermi a disposizione l’Alfa GTA 1600 di Corrado Amato che lui stesso aveva preparato. Il Campionato Italiano stava per concludersi. L’ultima gara si disputava a Siracusa: la “Tre Ore Notturna”. Erano iscritti tutti i migliori piloti italiani: Facetti, De Leonibus, Baronio. La tentazione fu troppo forte per me. Mi iscrissi. Tutti mi davano per finito. Scommisi con me stesso. A Siracusa avevo già vinto altre volte. Vinsi così anche quella gara”. Nel giro Vito Coro era già famoso. I suoi «numeri» avevano fatto storia.

Qualche volta addirittura corso in due classi diverse nella stessa gara. Accadde nel ’66 alla Monte Erice e alla Avola-Avola Antica. Guidai una 1150 Gran Turismo ed un’ Appia Sport. Le partenze delle 2 classi erano abbastanza lontane tra di loro. Così salivo prima con l’Appia e, dopo essere ridisceso per una stradina interna, ripartivo con la mia 1150. Fui 1° di categoria in entrambe le classi e 1° assoluto‘.

L’importanza del pilota

Allora il pilota era determinante al fine del successo. “Le auto erano quasi tutte uguali. Non c’era la esasperata ricerca del particolare di oggi per guadagnare qualche cavallo. Diciamo che il pilota era determinante all’ottanta per cento. Ai giorni nostri ormai vince chi ha più soldi. Un’ottima macchina significa vittoria quasi sicura rispetto a chi è magari bravo ma corre con una macchina meno potente e preparata

Ma un tempo era indubbiamente diversa anche la mentalità e l’ambiente del mondo delle corse. “lo mi portavo sempre dietro la famiglia. I miei due figli Salvatore e Roberto fin da piccoli hanno vissuto in questo mondo“.

Ma oggi non corrono. Come mai?”Salvatore, dei motori e delle macchine, è un appassionato. Ricorda a memoria i piazzamenti di tutte le gare di Formula 1, Riconosce modelli e anno di fabbricazione di tutte le auto. Ma evidentemente la sua passione si ferma lì. Guida bene ma di correre non se ne parla. Roberto, il più giovane, invece guida e ogni tanto corre ma con le moto da fuoristrada. E’ uno sportivo praticante ma come tutti quelli che fanno troppe cose finisce con lasciarle tutte a metà. Ma se il mio progetto di tornare in pista si concreterà allora anche lui farà un paio di cronoscalate e poi vedremo se saprà fare meglio di me”.

No al professionismo

L’avere vinto quasi tutto quello che c’era da vincere, seppure nell’ambito delle classi in cui concorreva, con soddisfazioni di particolare rilievo quali le affermazioni assolute alla “Tre Ore Notturna di Siracusa“, alla “Coppa Città di Enna” di Pergusa e altre classiche siciliane, non hanno mai fatto scattare in Vito Coco la voglia di trasformare questa sua passione per l’automobilismo in attività professionale.

È anzi stato il contrario. Proprio perché avevo vinto quasi tutto e dunque non avevo più stimoli, decisi di ritirarmi per la prima volta nel 1967. E dire che le proposte per passare professionistica non mi erano di certo mancate. Con Enzo Arena prendemmo parte alla Targa Florio con una Cobra di fabbricazione americana.

Gli statunitensi avevano portato quattro macchine. Tre erano state preparate al meglio ed affidate a piloti del calibro di Phil Hill, la quarta vettura era una sorta di muletto. Ebbene nonostante questo dopo 7 giri eravamo in testa. Mancavano solo 3 giri alla fine ma Arena, dopo avere fatto il giro più veloce, ruppe il manicotto dell’olio e dovemmo ritirarci. Ci proposero di correre sui circuiti europei ed in America.

Io non accettai per via del lavoro e della famiglia. Arena invece accettò ed andò a correre al Nurburgring. Purtroppo gli andò male. Uscì di strada, si ruppe alcune costole e fu costretto ad abbandonare l’attività“.

I ricordi di una attività durata quasi trent’anni sarebbero ancora parecchi. Ma il passato sembra essere solo un bel quadro da guardare ed ammirare per poco. Poi si punta decisamente al futuro. Ed il futuro, nonostante i 60 siano ormai alle porte, potrebbe anche riservare un Vito Coco dominatore dei trofei monomarca.

© Riproduzione Riservata
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo