FLORIDIA Armando, una carriera targata Porsche
Campioni di Ieri - Pubblicato il 03 Luglio 2020 - 09:00
Tratto da Sicilia Motori – Anno VII n. 26 (84) Aprile 1988
di Giancarlo Felice – Riproduzione riservata
La sua vita finora e trascorsa sempre tra i motori: da piccolo all’ombra del padre Vincenzo, da giovane a bordo di auto da corsa, da adulto dietro una scrivania di concessionario di auto tedesche a Palermo. Armando Floridia, quarantaquattro anni il prossimo luglio nonostante stia vivendo il «meglio degli anni», entra nella rubrica «Campioni di ieri» per un passato agonistico di ottimo livello, attività definitivamente abbandonata da una decina d’ anni, per dedicarsi interamente alla propria azienda la cui crescita e stata progressiva negli anni.
«Praticamente – esordisce Armando Floridia mentre accende un sigaro - ho vissuto tra i motori fin da quando avevo i calzoncini corti. Mio padre, appassionato pilota dilettante di moto, vendeva mezzi di trasporto ed era anche concessionario della gloriosa MV Augusta. Lui provava o gareggiava.
Ed io assieme a lui, con qualche centinaio di sostenitori. Quando il settore moto entro in crisi mio padre nel 1956 si dedico unicamente alle auto. Nel frattempo lasciavo l’Italia per andare a studiare in Svizzera, ma quando ritornai nel 1963 i miei amici già avevano disputato le prime corse. Ferdinando Latteri e Ignazio Capuano gia erano nomi emergenti ed allora mi gettai anch’io nella mischia contro la volontà di mio padre il quale, pur avendomi regalato una Porsche 356, mi aveva categoricamente vietato di gareggiare».
Un desiderio che lei, Armando Floridia, non ha rispettato: «Chi ha la passione dell’auto nel sangue non può rispettare la volontà paterna. Ma per non farlo preoccupare nel 1966 debuttai nell’ Alcamo – Monte Bonifato con lo pseudonimo di «Ypsilon». Fu una stagione buona: corsi otto gare e vinsi la mia categoria otto volte tra le GT 1600.
L’anno successivo potenziai la Porsche e vennero altri successi: in 12 gare dieci vittorie e due secondi posti. Una partenza così lanciata mi consentì di partecipare alla Targa Florio, grazie anche ad una deroga della CSAI che mi rilasciò la licenza superiore in anticipo. Facevo coppia con «Black & White (Franco Troia) », ma non ebbi il piacere di correre perché il mio compagno escogito lo stratagemma di fare rifornimento di benzina fuori dai box e con tale sistema aveva accumulato un vantaggio, in categoria, di circa un quarto d’ora sul secondo. Quando al quarto giro decide di fermarsi gli ufficiali di gara squalificarono la vettura e svanì il sogno di correre la mia prima Targa Florio».
Armando Floridia racconta il «proprio passato agonistico» nel suo ufficio «computerizzato dove la modernità è bilanciata soltanto dalle decine di fotografie alle pareti del «nostro» a bordo di vetture che oggi sono considerate «antiche. «Ormai prosegue la 356 non mi affascinava più, cercavo una vettura più potente. Arrivò una 911 2000; ripromisi a mio padre che non avrei gareggiato, ma già avevo in mente le modifiche da apportare.
Mi iscrissi alla Targa del 1968, ma fui scoperto da mio padre nel corso delle prove e siccome si accorse che montavo gomme di serie, volle che comprassi un treno di pneumatici da corsa per “Almeno mi disse sono più tranquillo dal punto di vista sicurezza” e così venne anche il “placet” alle corse.
Facevo coppia con Carlo Randazzo e ciò che mi meravigliò era I’entusiasmo dei tifosi lungo i tornanti. Passavamo tra due ali di folla che applaudiva e al traguardo capimmo il perché: ci eravamo classificati decimi assoluti, ma quel che più contava eravamo stati il primo equipaggio siciliano».
Una targa che segnalò Armando Floridia a Stoccarda: «La Porsche cominciò a seguirmi con un occhio particolare. Nel frattempo partecipai al Campionato Italiano con alcune gare in pista e sette in salita, queste vinte tutte in categoria. Arrivai addirittura ad essere leader dell’ “Italiano” ad una prova dal termine, quando ad Imola mi trovai contro tutte le altre Porsche. Condussi la gara, ma a tre quarti dalla bandiera a scacchi il motore si ruppe. Mi supero in classifica di soli due punti Bonomelli».
Le maggiori soddisfazioni nel 1969: «Mio padre mi era più vicino e mandai la vettura alla Porsche perche mi preparassero il motore. Sfortunata la Targa: i più veloci in prova con Marchio!, fuori al primo giro per una macchia d’olio a Caltavuturo, interessante la Monte Pellegrino: secondo assoluto dietro Lo Piccolo e dinanzi ad «Amphicar» con il merito di avere battuto il primato di categoria di Latteri che resisteva da cinque anni. Poi vinsi tutte le classiche regionali in salita, sempre dinanzi ad «Amphicar» diventato mio punto di riferimento e pilotaamico da battere. Con lui ho vinto nella stessa stagione la “3 Ore notturna di Siracusa” e una riedizione del GP di Messina».
Nel 1970 il primo «stop»: «Mi sposai e mio padre voleva la mia presenza in azienda. Sono stato fermo per due anni, ma la voglia di correre c’era: nel 1972 la scuderia semiufficiale della Porsche, la Strahle mi affido la sperimentale 914 per correre il campionato Europeo GT, ma partecipai solo alla Targa (nono assoluto in coppia con un pilota tedesco) dovendo rinunciare al resto del campionato per motivi familiari. L’anno successivo fu la Torino Corse ad offrirmi una Chevron B 19 in coppia con Formento.
Partecipammo alla Targa classificandoci settimi e corsi tre gare in Sicilia. Nel frattempo la Martini Racing mi voleva ingaggiare per l’Europeo GT con una 911, ma avrei dovuto lasciare I’azienda per diversi mesi, offerta che rifiutai. Il lavoro mi prendeva sempre più e già dal 1974 le mie apparizioni in corse si fecero più sporadiche. In quell’anno gareggiai con Vito Veninata partecipando alla Targa con una B 19; ci dovemmo ritirare per un guasto al motore quando si era terzi assoluti».
Ma i successi più significativi dovevano ancora venire: «Si, Nel 1975 la piazza d’ onore alla Targa alle spalle di Merzario Vaccarella con la Chevron 821 di «Amphicar» e l’anno successivo il successo, il nostro nome nell’ albo d’oro. Sempre nel ’76 con «Amphi car» ho partecipato al Mondiale Marche con una Osella PA6; quarti assoluti e primi degli italiani alla 1000 Km. di Monza quindi la vittoria alla Targa, sesti a Pergusa nella Coppa Florio e lmola, con una buon sesto posto finale nel mondiale».
Il 1976 è stato l’anno del definitivo abbandono di Armando Floridia: «Era morto mio padre ed ereditavo in toto I’azienda, sicché non potevo più permettermi di lasciarla dal giovedì alla domenica. A malincuore ho riposto la tuta, le scarpe e il casco, ma sono rientrato I’ anno successivo nel mondo che amo in veste di teammanager con il Team Floridia per lanciare le Golf GTI affidate a Barba, Restivo, De Luca e Bordonaro.
L’iniziativa ebbe grande risonanza e ritorno commerciale, grazie anche alla trasferta che fecimo a Francochamps con tre vetture. L’ esperienza fu interessante ma le vetture non erano adeguate alla caratteristica della pista. Decisi allora di sponsorizzare solo la Porsche di «Amphicar» fino al 1981, anno in cui ho sciolto il team».
Perche in Sicilia è difficile che si affermi una scuderia a livello nazionale ed internazionale? «Per fare una scuderia di richiamo necessitano grossi sponsor disposti ad investire. La nostra regione non attrae cosicché gli investimenti sono indirizzati verso aree più ricche. Un fattore che poi frena l’interesse e la mediocre capacità organizzativa delle manifestazioni, che gli sponsor non reputano adeguata all’impegno finanziario. Quando la Sicilia avrà gli Automobile Clubs e gli organizzatori più propensi a spendere che ad incassare, forse I’ attenzione degli sponsor si desterà».
Il suo rapporto con l’auto: ieri, oggi, domani: «E senz’altro endemico. Sono nato nel mondo motoristico e continua a viverci per cui amo le quattro ruote. Oggi cerco di estrinsecare questa grande passione gestendo la mia attività in maniera da fare apprezzare il prodotto all’utente. Il domani lo vedo bene sia sotto il profilo dell’utente che del piacere che I’auto fornisce al compratore. C’e una cosa che mi piacerebbe fare: potere influire sulla pubblica amministrazione perche sia dato per intero, nella nostra città, il piacere di guidare. Oggi molti lasciano la vettura o ne acquistano di piccole perche a Palermo non vi sono parcheggi, le strade sono dissestate, il traffico è caotico».
Che arricchimento è quale impoverimento le sono derivate dal mondo automobilistico? «Nel primo caso: benessere dovuto al fatto di considerarmi un operatore di prima linea, soddisfazioni sportive, ma soprattutto una approfondita conoscenza del sociale. Nell’altro caso, un limitato arricchimento culturale derivato dal poco tempo libero».