Eugenio Renna “Amphicar”, extralarge. Anche la carriera!
Notizie - Pubblicato il 29 Febbraio 2016 - 13:30
Tratto da Sicilia Motori – Anno XI – n. 2 (131) Febbraio 2008
di Daniele Fulco
Oltre 200 corse in 33 anni di attività. Dal debutto sulla immancabile “500” alla vittoria nella “Targa” del 1976. Salite, pista, rallies e persino off-road, con ogni mezzo moderno e storico. In bacheca fra innumerevoli trofei e coppe tre titoli italiani velocità ed uno rallies (di zona)
Affabile, sornione. Eugenio Renna al secolo “Amphicar” ci accoglie nell’azienda di famiglia, di cui oggi e titolare, tra il frastuono di rulli e macchine stampatrici. Entrati nella “sua” stanza, l’improvviso silenzio di un ambiente ovattato stride con rumore esterno. Ai muri coppe e targhe d’epoca sbiadite dal tempo a cornice di una carriera automobilistica, decisamente, degna di nota. Lo rendiamo partecipe della nostra iniziativa di voler riprendere la rubrica dedicata ai piloti del passato che hanno scritto pagine memorabili, in rappresentanza dell’ automobilismo isolano. “E proprio con me dovevate iniziare“. Sorride. Alto e corpulento, molto “nordico” nell’insieme, scherza sul fatto che, oggi, gli sarebbe impossibile anche solo entrare nell’abitacolo di un prototipo.“In più occasioni, il mio aspetto ha tradito le mie veraci origini sicule. Ricordo quando partecipai alla ‘Pedavena’; una classica delle salite. Al momento dell’iscrizione e delle verifiche, chiamarono il mio nome. Forse si aspettavano di vedere un tipo basso, scuro di carnagione e baffuto, magari con tanto di coppola. Rimasero perplessi, per un po”‘. Sin da bambino, il ‘piccolo’ Eugenio coltiva una incommensurabile passione per le auto, ereditata dal fratello maggiore, driver impegnato nelle cronoscalate con l’Aurelia 820 che scompare, tragicamente, in un incidente stradale.
E’ il 1956. L’ evento, pur non strettamente legato all’automobilismo sportivo, ha forti ripercussioni in casa Renna. “Per assistere alla Targa Florio con gli amici, si faceva tutto ammucciuna. Per non parlare di quando, a 17 anni e senza patente, mi fottevo il Maggiolino per andare a provare a Monte Pellegrino. Ma eravamo ragazzi. Certo che anche, da qui, è nata la scelta, obbligata, di usare un soprannome sin dal mio debutto ufficiale. Non rida, ma puntai su ‘Yogi‘. L’orso dei cartoni animati di Hanna & Barbera. Anche se non la sfangai. Fui comunque scoperto dai miei”. E’ il 1965, anno dell’ esordio che avviene alla Avola – Avola Antica, con la Fiat 500. In quell’occasione un risultato da archiviare: fuori tempo massimo. Ma nella medesima annata arriva, immediato, il primo titolo siciliano di classe. “Era una categoria molo agguerrita. Una media di 30, 40 partenti. E le prime trasferte oltre stretto”. Nel 1966 una prima brusca interruzione: la Nazione chiama !
Parte per il servizio di leva. Smessa la divisa grigio-verde, il 1967 lo vede partecipare alla sua prima Targa Florio con lo pseudo-nimo di “Amphicar“. “Sulla scelta del nome c’e poco da dire. Sfogliando una rivista di settore mi sono soffermato su questa strana vettura, un’anfibia. Da qui la decisione di adottarlo in gara. La prima ‘Targa‘, invece … il coronamento di un sogno. Ho corso con Pippo Garofalo, sulla Lancia Fulvia HF 1300. 16esimi assoluti e quarti di classe. Ogni due giri con Pippo eravamo costretti a cambiare i cerchioni in ferro delle gomme perché si rompevano. La Lancia ci fece il favore di prestarci quelli ufficiali: cerchi in lega campagnolo”.
Legato in modo sviscerale alla “corsa più antica del mondo”, si ripropone, nel 1968, con Garofalo al volante della Lancia Sport Zagato. “Di quella edizione ricordo un caldo infernale, ma anche la seconda piazza di classe. Un risultato di tutto rilievo. Correvamo con una macchina preparata da un privato, il buon Salvatore Ferracane, in competizione con i mezzi ufficiali della Squadra Lancia, diretta allora da Cesare Fiorio. Fu lo stesso che, 15 giorni dopa la ‘Targa‘, mi propose di disputare con loro la 12 Ore di Sebring … Rifiutai, doveri familiari. Pero, in seguito, una serie di buone uscite mi portarono a conquistare il secondo posto nel campionato italiano Turismo“.
Nel 1969 giunge la prima di numerose vittorie assolute. “Mi era sposato appena due mesi prima e disponevo di una nuova macchina: la Porsche 911 2.0, preparata a Stoccarda da Gerard Mitter che, di li a poco, avrebbe vinto la Targa Florio. Andai deciso, in Sardegna e feci mia la Coppa Città di Iglesias, valida allora per il tricolore Montagna. Una soddisfazione immensa“. Il 1971 è l’anno della consacrazione e “Amphicar” domina la stagione, disputando 14 gare e agguantando nove primati assoluti, 14 di classe e spuntando sette rilevamenti da record. Arriva il primo titolo italiano in salita, Gruppo Sport, al volante dell’Abarth SEO 10.
“Un‘annata irripetibile per il motorismo dell‘lsola. A Roma, durante la tradizionale premiazione dell‘Automobile Club, si parlava siciliano. Al mio fianco mi ritrovai Vaccarella, Restivo, Mirto Randazzo, Bordonaro e Barraco“. Tranne il “Preside Volante“, tutti portacolori della gloriosa Scuderia Pegaso, presieduta allora da Ninni Failla. ‘Ninni fu un vero e proprio precursore dei tempi. Ed un padre, per tutti noi. Con lui ho condiviso gioie e delusioni dal 1965 al 1973. Non tollerava primedonne. Ai suoi occhi eravamo tutti uguali ed altrettanto meritori di essere assistiti in modo repentino e professionale. Ma il primo che sgarrava era fuori“.
Passato alla carte dell’Ateneo, nel 1976, in coppia con Armando Floridia, “Amphicar” iscrisse il proprio nome nell’albo d’oro della Targa Florio. “Per un conduttore siculo e il massimo in carriera. II sogno che diviene realtà, già sfiorato l’anno prima quando tagliammo il traguardo col motore completamente fuso, dietro Merzario e Vaccarella. L’ho sempre sostenuto, la prima cosa da fare alla ‘Targa‘ è arrivare. Noi ci siamo riusciti da primi, profondendoci in una entusiasmante rincorsa. Rischi alle stelle, ma ne valeva la pena“.
Dopo una parentesi al Mondiale Marche FIA, qualche stagione altalenante, altri titoli tricolore ed un nuovo amore nei confronti dei rallies, disciplina sempre più emergente, “Amphicar” è “invitato” dalla famiglia ad appendere il casco al chiodo per qualche tempo. ‘‘Dalla seconda meta degli anni Ottanta fino ai Novanta mi sono dedicato, esclusivamente ad un nuovo amore: le autostoriche. Un sentimento ben ricambiato, quando pensavo di non avere più il piede abbastanza “pesante”.